LA GRANDE ISIDE, OCCHIO DEL SOLE, SIGNORA DI BENVENTO
di Raffaele Orlando.
Benevento, anno 1904. Almerico Meomartini, archeologo e architetto di gran fama, annunciava attraverso gli Atti della Reale Accademia dei Lincei, la scoperta di una notevole quantità di reperti antichi nella zona nord-est della città, tra cui statue, epigrafi, capitelli. A propiziare i rinvenimenti, come spesso accade, fu il caso. L’Amministrazione Provinciale dispose infatti l’apertura di una porta nel giardino della caserma di Sant’Agostino così da consentire finalmente ai Carabinieri di poter, con agevole e ampio passaggio, condurre i propri cavalli all’esercizio della pubblica sicurezza cittadina. Non si dovette scavare molto prima di veder affiorare dal terreno le prime, importanti evidenze archeologiche e ben presto ci si premurò di convocare Meomartini. Già da tempo lo studioso si prodigava alla ricerca della sede cultuale della dea Iside, figura rilevante della cosmogonia egizia, a Benevento. L'emozione che lo travolse alla vista dei nuovi rinvenimenti gli fece annunciare entusiasticamente l'auspicata scoperta.
“Avvisato”, ricorda "accorsi sul posto, ove subito divinai trattarsi degli avanzi del tempio di Iside, da me sempre supposto in quei pressi, non ostante che non fossero venute ancora fuori le preziose sculture che descriverò tra poco, le quali riconfermarono completamente le mie previsioni. Del tempio di Iside in Benevento, costruito o restaurato nell'ottavo anno del regno di Domiziano, si sapeva l'esistenza per la testimonianza di due obelischi di granito sottratti al vandalismo dei secoli. Essi furono innalzati, per ordine di quell’imperatore, dinanzi a detto tempio. Ma il sito di questo era ignorato.” Uno dei due obelischi citati è mutilo e gelosamente conservato al Museo del Sannio, l’altro è invece visibile in piazza Papiniano, lungo il Corso Garibaldi, dove fu collocato nel 1872 come monumentale ornamento. La tesi di Meomartini sull'ubicazione del tempio è stata per lungo tempo considerata corretta ma oggi il dibattito tra gli studiosi si è fatto vivace e le posizioni, topografiche e intellettuali, discordi. All'individuazione non giova la dispersione di molti degli oggetti e degli elementi strutturali del santuario che certamente si abbatté sulla città che, tuttavia, può ancora fregiarsi d’essere il centro Occidentale con maggiore attestazione di reperti egizi. L’arredo del tempio era costituito, infatti, oltre che da sculture di epoca romana imperiale e realizzate appositamente per l’Iseo Beneventano, anche da materiali più antichi e di provenienza egizia riutilizzati per dar lustro alla nuova costruzione e al suo patrocinatore, l’Imperatore Domiziano.
Gran parte di questi oggetti di culto dedicati a Iside dai Beneventani del I secolo d.C. dové poi essere distrutta dai signori Longobardi circa seicento anni dopo. Così ansiosi di ingraziarsi il Dio dei cristiani da poco accolto dalle alte sfere della corte ducale, i successori del primo duca Zottone, si liberarono dagli aspetti più evidenti d’idolatria pagana in città consegnando all'iconoclastia e al riutilizzo le membra architettoniche dell'antico Iseo di Diocleziano. Le fonti antiche lasciano pensare che il motore primo dell’azione distruttrice fosse il duca Romualdo che, assediato dalle truppe di Costante II, imperatore bizantino, si lasciò convincere a malincuore dal vescovo Barbato a disconoscere i segni degli antichi culti. Fu così che per intercessione divina Costante II rivolse il morso dei propri cavalli verso Napoli e lasciò salva Benevento. Probabile però che a convincerlo, oltre alle innegabili doti di persuasione del suo Dio, fosse anche l’imminente arrivo di Grimoaldo, padre di Romualdo e re dei Longobardi, con conseguente carico di altrettanto convincenti lance, spade e scramasax.
Pietro Piperno, autore secentesco della Superstitiosa noce di Benevento, narra comunque che una vipera d’oro adorata dal duca venne fusa per ottenere un calice da eucaristia. Non è illogico collegare la vipera a Iside e al suo culto presente in città, né tacere sull’ombra enorme di stregoneria che abbraccerà i retaggi pagani. E’ un’Iside - Strega quella che combatté il vescovo Barbato? Probabile, ma chissà che contemporaneamente non adorasse anche una Madonna - Iside se sugli obelischi di cui sopra il dedicante, tale Rutilio Lupo, carico di devozione, eternava sulla pietra l'amore verso “la grande Iside, Madre del Dio” e “Signora di Benevento”.
IL SANNIO DA TERRA DI EMIGRAZIONE A LUOGO DI IMMIGRAZIONE
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Il Sannio, dopo esser stata a lungo terra di emigrazione, sta diventando luogo d’immigrazione. In tutta la provincia sono oltre tremila gli immigrati regolari, e la sola Benevento ne conta circa un terzo. A Benevento ci sono oltre mille immigrati stranieri, che provengono da diverse Nazioni. Oltre la metà dei migranti giungono da Romania e Ucraina, mentre i restanti soprattutto da Albania , Marocco e Cina e Polonia. La maggior parte degli immigrati, circa il 70 %, è costituito da donne , mentre la restante parte da uomini. I giovani sono circa il 30% di tutti gli immigrati. Di fronte a tutti questi stranieri, il comune di Benevento già da anni sta prendendo diverse iniziative: nel 2006 è nato lo sportello “Pro immigrati”, che aveva il compito di fornire consulenze di ogni tipo agli immigrati. L’anno dopo sono stati finanziati altri progetti ,che avevo il fine di garantire istruzione e lavoro agli immigrati. Da un mese il comune di Benevento ha finanziato un corso d’italiano rivolto a coloro che desiderano avere il permesso di soggiorno lungo. Venti extracomunitari hanno avuto così l’occasione di approfondire la conoscenza della nostra lingua. Secondo l’assessore alle politiche sociali del comune di Benevento, Anna Chiara Palmieri, lo scopo del corso è quello di garantire l’effettiva integrazione sociale degli immigrati, e la loro presenza continua sul territorio sannita. La maggior parte di loro sta iniziando a sviluppare attività in proprio, e già diverse attività commerciali sono gestite da stranieri. Il livello d’integrazione è ormai diventato soddisfacente, e non di rado capita di vedere passeggiare stranieri insieme ad italiani. A favorire questo processo d’integrazione sono soprattutto le scuole, nelle quali gli studenti stranieri sono diventati parte integrante, e ciò è accentuato nell’università . L’università del Sannio accoglie ogni anno diversi studenti provenienti da diversi Paesi, tramite il progetto “Erasmus”. La città è stata più volte ospitale nei confronti di studenti provenienti da zone di conflitto. E nel 2005 due ragazze irachene furono accolte e poterono frequentare l’università. La città si è sempre dimostrata aperta a ognuno nel pieno rispetto delle regole. Gli attuali cittadini hanno ormai modificato la loro forma mentis interiore diventando sempre più aperti verso gli altri. Non a caso, la popolazione degli immigrati cresce anno dopo anno, e decide di stabilirsi nei luoghi abitati un tempo dalla città sannita Maleventum . Di sannita è rimasto l’orgoglio dei beneventani, ma l’antica chiusura al mondo si è trasformata in una grande apertura, che fa di Benevento una delle città più aperte d’Italia.
A PROPOSITO DELL'ORGOGLIO SANNITA
Vi ricordate quando, da
coraggiosi guerrieri sanniti, umiliammo i romani durante la battaglia delle Forche
Caudine? L’umiliazione fu tale, si tramanda, che i romani per secoli
ricordarono l’evento. Eppure la memoria storica è, ancora oggi, molto breve,
per non parlare di quanto lo fosse allora. Attualmente, addirittura, tendiamo a
rimuovere eventi come la mancata qualificazione in B o alcuni scandali che
hanno scosso la società cittadina; ma questa è un’altra faccenda.
Benevento sin dal principio
ha attraversato periodi di alterna fortuna: fu contesa tra sanniti e romani,
del tutto romanizzata in seguito, ambita dall’Impero bizantino e dagli
ostrogoti, divenne ducato della Longobardia Minor, sito di interesse per
Federico II, per gli Aragonesi, per i Borbone e sede papale. Il folklore la
vuole luogo privilegiato dalle streghe. Ma, a distanza di ventiquattro secoli
dalla battaglia contro i romani, cosa ha reso Benevento la città di cui i suoi
cittadini rivendicano un passato eroico? Celebriamo sempre, a torto, solo il
popolo sannita e i guerrieri di cui, in fondo, non conosciamo che pochi
particolari. Così, per coerenza, capita di ignorare volutamente i simboli del
passaggio romano e oltrepassiamo i resti longobardi, bizantini e papali.
Compiendo questa operazione, che dello storico ha poco, dimentichiamo che le
nostre origini sono un complesso di etnie e culture e che secoli di grandezza e
di dominazioni compongono il nostro DNA. Le insegne dei negozi e le
riproduzioni poco raffinate di ipotetici guerrieri sanniti sono lo specchio di
una selezione strumentale del passato, che della consapevolezza della propria storia
se ne fa ben poco.
Vedremo
se l’iniziativa “Benevento Longobarda” - che avrà luogo nei mesi di giugno,
luglio e settembre - sarà uno dei
tasselli per comporre un completo discorso sul nostro passato. Forse,
così, rintracceremo origini a noi più vicine, anche geneticamente, che narrano
di Arechi II, un duca divenuto principe, imparentato con l’Imperatore Carlo
Magno, il quale, solo con l’inganno, mise fine alla supremazia del popolo
longobardo.